Claustrofobia & Aviofobia.

Una leggenda metropolitana narra che chi viaggia in aereo preferisca il posto lato finestrino, facendo di tutto per ottenerlo.
In effetti, vi è mai capitato di salire su un aereo e di trovarvi di fronte passeggeri che vi chiedono di cambiare posto, magari con preferenza lato finestrino?
Personalmente ogni volta che prendo un volo ne incontro almeno una decina che proferiscono la frase “sono claustrofobica/o!”, in modo alquanto inappropriato.
In questo articolo si cercherà di delineare cosa si intenda veramente per claustrofobia nonché la relazione con altre fobie specifiche come la paura di volare (aviofobia).
La parola Claustrofobia deriva dal termine latino “Claustrum”, che significa “luogo chiuso” e dal greco “phobos”, paura.
La claustrofobia è una fobia specifica, inclusa all’interno del DSM-5 tra i disturbi d’ansia.
Perché si soffre di Claustrofobia?
Alcuni studi scientifici ritengono che potrebbe esserci un malfunzionamento dell’amigdala e questo causerebbe una percezione errata o maggiore del pericolo
Diversamente potrebbe derivare da traumi anche infantili o se l’istinto all’esplorazione fin da piccoli sia stato negato.
In età adulta può essere enfatizzata in una bassa autostima e si traduce in ansia verso tutto ciò che può limitare la libertà non solo circa i luoghi frequentati ma anche dagli eventi come può essere la nascita di un figlio.
Come si manifesta?
I sintomi e la gravità possono variare, all’inizio di può manifestare un senso di angoscia e i casi più estremi anche attacchi di panico con tutte le reazioni fisiologiche quali battito accelerato, brividi, svenimenti, vertigini, tremori dolori al petto, ecc...
Tutti questi sintomi fisiologici sono una risposta anormale a livello emotivo.
Il corpo risponde allo stimolo fobico con un’estrema reazione fisiologica di “lotta o fuga”.
Il soggetto, a seguito del primo esordio, farà di tutto per evitare che accadi nuovamente e quindi cercherà in tutti i modi di non trovarsi nella medesima situazione o luogo.

Come capire che si tratta di claustrofobia?
Occorre molta cautela in fase diagnostica per capire se si tratti o meno di claustrofobia.
Non sempre i sintomi riportati ne sono garanzia in quanto possono essere facilmente scambiati con altri disturbi mentali quali il disturbo da stress post-traumatico, la fobia sociale, disturbo bipolare, il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo d’ansia da separazione, un disturbo depressivo e la dipendenza da alcool.
La diagnosi viene di solito fatta da uno psicologo o da uno psicoterapeuta, talvolta può emergere durante un percorso già avviato per problemi inerenti all’ansia non meglio specificata.
Le persone si rivolgono ad uno specialista soprattutto quando l’angoscia nell’affrontare la situazione temuta diventa invalidante e compromette la percezione di benessere personale nonché una limitazione della libertà nel quotidiano.
Lo specialista approda a formulare la diagnosi di claustrofobia solo dopo aver ascoltato i sintomi fisici del paziente valutando successivamente:
· la tipologia, la durata e l’intensità dei sintomi;
· le situazioni di innesco della paura;
· la reazione allo stimolo fobico;
· la reazione all’anticipazione dello stimolo fobico;
· i comportamenti messi in atto per evitare tale situazione;
· la presenza o meno di attacchi di panico.
Come si cura?
La terapia cognitivo comportamentale ha dimostrato empiricamente di produrre ottimi risultati, infatti, risulta essere una grande alleata per curare la claustrofobia in quanto:
· aiuta il paziente a sciogliere la relazione tra la situazione temuta e i pensieri disfunzionali che determinano la paura per giungere ad una valutazione della situazione più realistica e per gestire meglio i propri sentimenti;
· Propone la tecnica dell’esposizione alla circostanza ansiogena che può essere eseguita in vivo o anche tramite realtà virtuale;
· Ogni qual volta ci si espone all’evento ansiogeno si insegna a padroneggiare le tecniche di rilassamento muscolare;
· Attraverso la desensibilizzazione sistematica il soggetto si espone alla situazione temuta e inizia a rispondere in modo diverso e ad avere dei comportamenti più adattivi che pian, pian si consolideranno restituendo al paziente la sensazione di maggiore libertà e margine d’azione.

Claustrofobia e paura di volare sono correlate?
La paura di volare, in inglese fear of flying (FOF), è chiamata anche aviofobia o aerofobia.
Come riportato da Treccani, l'etimologia e il significato di aviofobia è “terrore delle correnti e degli spostamenti d'aria" e che possiamo dunque definire, in senso traslato, con “paura dell’aereo”, “paura di volare”.
La persona che soffre di aviofobia riconosce la paura di volare (e la conseguente paura degli aerei) come eccessiva e spropositata. Il volo viene evitato o vissuto con paura e ansia marcata. Questa “ansia da aereo” può manifestarsi anche prima di compiere un viaggio.
Nel caso di aviofobia, la paura di volare in aereo può non riguardare la situazione specifica del volo. Essa può essere infatti espressione di altre fobie non legate a situazioni specifiche come la paura dell’altezza (acrofobia) ed essere secondaria ad altre forme di ansia quali:
l’agorafobia in cui si ha paura di non poter uscire dall'aereo e non poter essere soccorsi
la claustrofobia in aereo, in cui l’oggetto della paura è rappresentato dallo stare fermi in uno spazio limitato con i finestrini chiusi
la fobia sociale, in cui si ha la paura di sentirsi male davanti agli altri e fare una “brutta figura”.
Un individuo aerofobo può provare paura di volare anche in seguito ad attacchi di panico.
Tuttavia, anche se si può essere consapevoli del fatto che il pericolo temuto può non essere reale, l’aerofobia può condizionare la vita di chi la sperimenta e innescare il meccanismo dell’evitamento, cioè il sottrarsi a situazioni in cui è presente l’oggetto o lo stimolo fobico.
Chi ha paura degli aerei si può trovare a rinunciare, per esempio, a un viaggio di lavoro o a una vacanza con il partner o gli amici, riscontrando possibili problemi sul lavoro, problemi nella coppia e rischiando di sentirsi a disagio nelle proprie relazioni sociali.
Cosa fare in caso di aviofobia?
A livello generale valgono le stesse linee guida elencate precedentemente per la claustrofobia e quindi il miglior trattamento anche in questo caso risulta essere sempre quello cognitivo - comportamentale, inoltre, molte compagnie aeree per diffondere il messaggio che l’aereo sia il mezzo di trasporto più sicuro rispetto ad altri, di fatto statisticamente provato proprio da uno studio dell’Università di Harvard, organizzano dei corsi per superare la paura di volare unitamente alla possibilità di utilizzare e mettersi alla prova su dei simulatori di volo.
Dopo o durante il percorso psicoterapeutico, sempre consigliato soprattutto nei casi più gravi, ci sono poi delle piccole accortezze che si possono mettere in pratica per mitigare le preoccupazioni che ne derivano dal momento; infatti, oltre a seguire dei corsi organizzati dalle varie compagnie aeree, durante il volo potrebbe aiutare la lettura di un libro, per chi ha piacere nel farlo, parlare con il personale di bordo e scegliere un posto che non sia vicino al finestrino in quanto potrebbe causare vertigini o ulteriori stati d’ansia.
Concludendo…
Ebbene sì! Persone che hanno paura di volare o claustrofobiche non amano mettersi vicino al finestrino perché acutizzerebbero ancora di più le loro paure con annessi stati d’ansia.
Di per sé le persone claustrofobiche con paura di volare, come descritto prima, cercano di evitare con ogni tipo di giustificazione gli spostamenti in aereo, quindi, raramente le incontrerete su un aereo a meno che non stiano facendo una prova in vivo accompagnate da professionisti o abbiano concluso da poco il loro percorso terapeutico. In quest’ultimo caso si preoccuperanno già all’ atto della prenotazione del loro viaggio di scegliere accuratamente il posto che valutano migliore per le loro esigenze e nella stragrande maggioranza dei casi non diranno dopo 5 minuti ad un estraneo che soffrono di claustrofobia.
Bibliografia:
American Psychiatric Association, DSM 5 Criteri Diagnostici, Raffello Cortina Editore, Milano 2014.
Stella F. Lourenco, Matthew R. Longo, Thanujeni Pathman. Near space and its relation to claustrophobic fear. Cognition, 2011
Sitografia:
www.istitutobeck.com