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I 5 linguaggi dell’affetto per una migliore comunicazione nelle relazioni

Talvolta, anche nelle relazioni più consolidate, si arriva a delle situazioni di crisi nelle quali i partner reciprocamente accusano l’altro di non farli sentire amati, mentre l’altro si difende sostenendo che “non sa più che fare per dimostrare il proprio amore”.

Perchè succede questo?


La teoria dei 5 linguaggi dell’affetto di Gary Chapman

Nei primi anni ’90, Gary Chapman, consulente matrimoniale americano e pastore della Calvary Baptist Church di Winston-Salem, nella Carolina del Nord, propose una teoria che illustra i cosiddetti cinque linguaggi dell’affetto, basata su più di trent’anni di esperienza come marriage counselor e di lavoro con le coppie.


Nel suo libro “I 5 Linguaggi dell’Amore”, bestseller internazionale, Chapman spiega come esistano cinque modi diversi di esprimere affetto e amore per il proprio partner (e in generale verso le persone a noi care):

  • parole di affermazione: esprimere il proprio affetto tramite la parola, verbale o scritta, con dei semplici “ti amo/ti voglio bene” ma anche tramite complimenti ed esternazioni più articolate dei propri sentimenti;

  • atti di servizio: si esprime il proprio affetto e la cura verso l’altro attraverso azioni concrete quotidiane atte a sollevare l’altro dalle mille incombenze e difficoltà pratiche del quotidiano, facendo favori e sobbarcandosi lavori e compiti piccoli e grandi, magari particolarmente fastidiosi per l’altro, e responsabilità economiche;

  • regali: si esprime il proprio amore attraverso regali, piccoli pensieri e sorprese, accuratamente scelti e pensati per l’altro, magari anche confezionati con creatività, con una speciale attenzione alle ricorrenze ma anche nei momenti più inaspettati;

  • tempo di qualità: si esprime il proprio affetto dedicando tempo di qualità all’altro, organizzandosi in modo da considerare il tempo insieme tra le priorità della vita quotidiana, condividendo esperienze, passatempi, hobbies, ma soprattutto garantendo attenzione e presenza, quindi senza lasciar invadere questi spazi insieme da distrazioni come telefonate e messaggi continui, ma invece mantenendo una comunicazione basata sull’ascolto, il contatto oculare e la presenza nel momento presente condiviso insieme;

  • contatto fisico: si esprime l’amore attraverso il corpo, con baci, abbracci, carezze, sguardi, sorrisi, il tenere la mano, e con l’attività sessuale.

Ciascuno di noi tende ad avere un linguaggio dell’affetto primario, ossia un canale privilegiato attraverso il quale esprimiamo l’amore all’altro, anche se ovviamente nel corso delle relazioni ci capita di usarli tutti. Tuttavia appunto ve ne sarà uno in particolare che ci è più innato, che ci risulta più significativo e che predomina sugli altri.


Quando nascono le difficoltà

Ma attenzione: poiché questo è il canale che privilegiamo per esprimere il nostro affetto o amore all’altro, sarà anche quello con il quale, senza renderci conto, tenderemo ad aspettarci anche di ricevere l’amore e l’affetto dall’altro. In altre parole, sarà anche il canale attraverso il quale più ci sentiremo amati.

Le difficoltà sorgono quando il nostro partner (o l’altro membro della relazione, in caso di relazioni amicali, famigliari ecc…) utilizza un linguaggio dell’affetto diverso dal nostro.

Se all’inizio delle relazioni, quando siamo tutti presi dall’innamoramento, è più facile che tutti utilizziamo un vasto repertorio di modalità per esprimere intensamente i nostri sentimenti, man mano che il tempo passa e la routine quotidiana si insinua nella relazione, le manifestazioni d’amore all’altro tendono a prendere naturalmente e più facilmente la via che ad ognuno di noi è più conosciuta, ossia il proprio linguaggio dell’affetto. Ma se è diverso da quello del nostro partner, è possibile che reciprocamente si inizi a sentirsi meno amati e contemporaneamente non si riesca a far sentire l’altro amato, anche se ciò non corrisponde a realtà.


Perché è utile la teoria dei 5 linguaggi dell’affetto?

La teoria di Chapman ha ricevuto diverse critiche. Innanzitutto, essendo lui un pastore, i suoi testi sono piuttosto influenzati dalla religione, trasportando quindi nella sua visione della coppia dei valori che non per tutti potrebbero essere condivisibili. Inoltre, le teorie di Chapman si rivolgono esclusivamente alle coppie eterosessuali, escludendo di fatto le relazioni LGBTQ+. Infine, un’ultima critica mossa alla teoria di Chapman, riguarda il fatto che non sarebbe confermata da un adeguato supporto scientifico, ma che si basi esclusivamente sulla pratica clinica (anche se negli anni sono stati effettuati alcuni studi, con risultati discordanti).

Tuttavia questa teoria, se estrapolata dal contesto strettamente cristiano e applicata alle persone in generale, al di là del loro orientamento sessuale e della loro situazione relazionale, trova poi effettivamente riscontro nella concretezza della quotidianità delle relazioni.

Conoscere il proprio modo di esprimere l’affetto e l’amore, e di conseguenza il modo in cui ci aspettiamo di riceverlo dall’altro, e conoscere quello del nostro partner, ma anche in generale di qualunque persona significativa per noi, ci può permettere di migliorare le nostre relazioni, in quanto:

  • permette una maggiore comprensione di come “funziona” l’altro all’interno delle relazioni;

  • permette di esprimere meglio quali possono essere dei nostri bisogni profondi non pienamente soddisfatti all’interno della relazione e di andare incontro a quelli dell’altro, aprendo la comunicazione e negoziando reciprocamente sui comportamenti che ciascuno vorrebbe che l’altro modificasse;

  • porta a ridare forma alle nostre personali aspettative riguardo a come debba arrivarci l’amore dell’altro, aspettative che altrimenti sarebbero disattese, creando tensioni, rancori e dubbi sui sentimenti che l’altro prova per noi;

  • permette di notare ogni volta che l’altro ci dimostra amore o affetto attraverso il suo personale linguaggio, riuscendo a sentirci amati anche se il messaggio non arriva nella forma che ci aspettavamo.


Bibliografia:

  • Cook M., Pasley J., Pellarin E., Medow K., Baltz M., Buhmann-Wiggs A., Construct validation of the five love languages, in Journal of Psychological Inquiry, 18(2), 50-61, 2013.

  • Egbert N., Polk, D., Speaking the language of relational maintenance: A validity test of Chapman’s (1992) five love languages, in Communication Research Reports, 23(1), 19‐26, 2006.

  • Chapman G., I 5 linguaggi dell'amore. Come dire "Ti amo" alla persona amata, Editrice Elledici, Torino, 2008.

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