La realtà virtuale al servizio della psicologia

Da quando la tecnologia ha iniziato a prendere piede attivamente nel nostro immaginario comune, ci sono stati tantissimi cambiamenti nella vita di ognuno: si possono utilizzare i telefoni per qualsiasi cosa, dal contrassegnare gli impegni all'effettuare pagamenti. Tutti gli ambiti si sono adattati per poterne beneficiare e la pandemia ne è un esempio pratico: si sono digitalizzati molti documenti e sono stati introdotti lo smart working e le lezioni online. La psicologia non è esentata da questo progresso. Sono stati effettuati sempre più studi per poter utilizzare le tecnologie moderne per riabilitare e curare i pazienti, per dar loro un'alternativa ai metodi classici. Fra queste, ha preso piede la cosiddetta realtà virtuale.
Ma cos'è la realtà virtuale?
Possiamo vedere la realtà virtuale come un ingresso verso un mondo differente dal nostro al quale è possibile accedere tramite delle tecnologie specifiche: il visore VR e i controller, uno per mano. Il fine è proprio quello di introdurre la persona all'interno di una realtà alternativa rimpiazzando le sensazioni sensoriali che si provano nel mondo reale con quelle che vengono generate dal dispositivo. Grazie all'utilizzo di questi sensori, è possibile emulare gli stimoli visivi, uditivi, tattili e olfattivi rendendo l'esperienza immersiva. Questa tecnologia differisce da altre proprio per il senso di presenza: si ha la sensazione di ritrovarsi all'interno di questa esperienza virtuale, di conseguenza tutte le sensazioni che possiamo provare nel "mondo reale" le percepiamo anche all'interno del "mondo generato dal computer".
Attenzione a non confonderla con la realtà aumentata!
In concomitanza si sente spesso parlare di realtà aumentata che viene spesso (erroneamente) confusa con la realtà virtuale. La realtà aumentata (AR), a differenza della realtà virtuale (VR), non genera un mondo differente e non necessita di visori per potervi accedere. Questa tecnologia, infatti, arricchisce la realtà esterna aggiungendo dei nuovi elementi al suo interno. L'accesso non richiede particolari strumenti, è sufficiente possedere uno smartphone o un altro apparecchio avente una fotocamera.

Nell'immagine in sovraimpressione sono evidenziati degli esempi pratici di giochi in VR e in AR. Nel primo caso l'utente sta utilizzando un visore e due joystick (che vengono rappresentati come due mani all'interno del gioco) ed è completamente immerso in questa realtà alternativa, tant'è che non è possibile visualizzare in contemporanea il "mondo reale". Nel secondo caso, invece, ci sono le carte AR di Nintendo e Pokemon Go. Il primo sfrutta delle carte che vengono scansionate dal Nintendo 3DS e che permettono l'interazione con alcuni personaggi e minigiochi di interagire con l'ambiente reale (si può notare che i personaggi, i Mii, sono posizionati su un tavolo di legno). Pokemon Go, invece, sfrutta la fotocamera dello smartphone per posizionare i Pokemon da catturare nel mondo circostante (qui si vede Jigglypuff posizionato su un marciapiede).
Come viene usata la realtà virtuale in psicologia?
In ambito psicologico, in particolare in quello clinico, la realtà virtuale è un valido strumento per l'apprendimento esperienziale, il quale ci permette di acquisire nuove competenze mettendole in pratica: si sperimentano le situazioni in prima persona utilizzando attivamente le proprie risorse con il fine di raggiungere un determinato obiettivo. Inoltre, poiché tramite la realtà virtuale è possibile immedesimarsi all'interno di questo ambiente, vengono replicate anche le emozioni e le sensazioni che si provano proprio come nella realtà. Questa risorsa può essere sfruttata, per esempio, in presenza di fobie perché è possibile ricreare lo scenario che genera la paura nel paziente e di esporlo gradualmente al fattore scatenante per poterlo rielaborare in un setting sicuro. L'esposizione effettuata in VR presenta dei vantaggi rispetto a quella ambientale o immaginale: innanzitutto, la simulazione è completamente controllata dal terapeuta e si possono isolare i singoli componenti che scatenano una reazione nel paziente in modo più efficiente. Poniamo l'esempio di una persona che ha paura di prendere l'aereo: se si dovesse utilizzare la terapia espositiva classica, il soggetto sarebbe costretto a salire e scendere continuamente su aerei differenti (il che presenta dei costi non indifferenti ed è anche difficilmente realizzabile). Se, invece, si utilizza la VR, il paziente si può trovare nell'aereo in tutte le varie fasi del volo e il procedimento si può ripetere per tutte le volte necessarie senza neanche dover uscire dallo studio del terapeuta. Tenendo in considerazione questo aspetto, la realtà virtuale diventa un "ambiente abilitante", un posto protetto in cui i pazienti possono iniziare ad esplorare e sperimentare senza trovarsi realmente in una situazione di pericolo diventando, quindi, un passaggio intermedio fra lo studio del terapeuta e il mondo esterno.
La VR non viene usata solo in presenza di ansia e fobie
Disturbi del comportamento alimentare
La VR negli anni ha offerto soluzioni innovative per ridurre il desiderio di cibo, migliorare l’immagine corporea e potenziare le capacità di regolazione delle emozioni nei disturbi alimentari e del peso, in particolar modo se abbinata alla terapia cognitivo comportamentale. Questa tecnologia può aiutare i terapeuti ad analizzare l'immagine corporea che i pazienti presentano tramite l'utilizzo di avatar personalizzati: tipicamente sono delle rappresentazioni a tre dimensioni di un corpo umano che può essere modificato utilizzando i cursori in modo tale da poter confrontare l'immagine corporea percepita con quella realistica. La creazione di ambienti simulati, in aggiunta, può aiutare a verificare se determinati comportamenti sono innescati in base a determinate situazioni e pongono il terapeuta dal punto di vista del paziente: si può vivere in prima persona quali sono gli scenari che innescano i loro comportamenti disfunzionali. Come si può integrare a livello pratico? Esistono due metodologie, lo spostamento del quadro di riferimento e lo scambio di corpo: il primo metodo tenta di modificare l'autocoscienza corporea tramite la focalizzazione e la riorganizzazione dei ricordi che il soggetto possiede del proprio corpo. Il terapeuta crea delle situazioni spiacevoli per il paziente che possono essere legate a un'esperienza negativa (per esempio, essere presi in giro per il proprio aspetto) oppure pone il soggetto in terza persona, nello specifico osserva sé stesso come gli altri lo osserverebbero. A quel punto, il terapeuta chiede al paziente di descrivere la situazione sia a livello visivo che emotivo per potergli insegnare delle tecniche cognitive per imparare a gestire situazioni di questo tipo in maniera funzionale. Il secondo metodo, invece, la VR viene usata per far percepire al soggetto di possedere un corpo totalmente diverso da quello attuale con l'obiettivo di migliorare la percezione distorta del proprio aspetto fisico. La VR, infine, può aiutare il paziente a modificare la percezione che possiede del cibo esponendolo gradualmente per ridurre i ricordi consolidati e disfunzionali e per rimodulare il senso di fame.
Una realtà italiana: IDEGO

IDEGO è un ente italiano fondato nel 2016 con l'obiettivo di fornire servizi digitali in ambito psicologico, in particolare viene utilizzata la realtà virtuale come strumento di sostegno per la persona sia in ambito clinico (es. trattamento delle fobie) che in ambito di psicologia del lavoro (es. empowerment). IDEGO non si limita a fornire i software ai professionisti da utilizzare in ambito terapeutico, infatti effettuano dei corsi (le masterclass) in cui insegnano come installare e utilizzare al meglio gli strumenti da loro forniti per avere il miglior risultato possibile con il paziente. In particolare illustrano quali sono le tecniche di esposizione (che seguono i principi illustrati in precedenza) e le pratiche riabilitative. Fra i software per trattare le fobie troviamo:
ZOOPHOBIA VR → per il trattamento delle fobie per gli animali
AVION → trattamento per la paura di volare
AKRON → trattamento per la paura delle altezze
IDEGO non si limita a creare software per il trattamento delle fobie, ma si occupa anche della riabilitazione cognitiva tramite un'applicazione: CEREBRUM. Questa è strutturata in tre moduli: Memoria e Apprendimento, Stime Cognitive e Attenzione. Ognuna di esse è costituita da diversi esercizi di difficoltà crescente che si adattano alla diagnosi funzionale del paziente, qui si può trovare un articolo scritto dalla redazione che ne spiega meglio il funzionamento → CEREBRUM: l’App per i professionisti della Riabilitazione Cognitiva
In conclusione
La realtà virtuale è una tecnologia in continuo sviluppo che può essere sfruttata in diversi contesti riabilitativi. Bisogna ricordare, tuttavia, che è sempre meglio affiancare la psicoterapia a questo strumento: è vero che la VR si può usare per la terapia espositiva e per simulare il setting ecologico (che per molte situazioni non è facilmente realizzabile), tuttavia è fondamentale che determinate meccaniche vengano rielaborate con l'aiuto del professionista, per esempio, per quale motivo il paziente ha la fobia di volare? Qual è stato l'evento scatenante e come ci si può lavorare su? Dunque, la VR e la psicoterapia non vanno viste come una la sostituta dell'altra quanto più come due modalità di trattamento che agiscono in sinergia per il benessere del paziente.
Bibliografia:
Riva G. (2022). Virtual Reality in Clinical Psychology. Comprehensive Clinical Psychology, 91–105. Virtual Reality in Clinical Psychology
Riva, G. (2009). Virtual reality: an experiential tool for clinical psychology. British Journal of Guidance & Counselling, 37(3), 337–345. Virtual reality: an experiential tool for clinical psychology
Sitografia: