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"Non lo sopporto ma è pur sempre mio fratello!"

Diversi studi hanno dimostrato che la relazione fraterna è un fondamentale veicolo di socializzazione, vero prototipo dei futuri legami amicali: si costruisce all'interno della famiglia ma permette ai piccoli di sperimentare le prime forme di interazione tra pari, che troveranno poi la loro massima espressione nei legami di amicizia. Il legame fraterno quindi, favorisce il passaggio dall'ambiente familiare a quello extra-familiare.


La relazione fraterna ha aspetti in comune con il legame genitori-figli perché presenta un alto grado di coinvolgimento emotivo-affettivo, una condivisione di spazi e tempi nella quotidianità e un'intimità fisica e psicologica profonda. Non a caso spesso si può osservare una certa verticalità nel rapporto tra fratelli, molto simile a quella che si osserva tra un genitore ed il figlio: nei momenti di gioco e di vita quotidiana il fratello maggiore tende a porsi come guida o modello nei confronti del più piccolo (ruoli che poi ovviamente possono ribaltarsi in età più mature). Ma la relazione fraterna presenta anche aspetti di orizzontalità che la accomunano ai rapporti con i pari: la collaborazione nel gioco, la condivisione, lo scontro per il possesso di oggetti, la negoziazione in caso di conflitti, l'aiuto reciproco.


La qualità della relazione fraterna.

Furman e Buhrmester (1985) hanno tentato di individuare i principali fattori che determinano la qualità della relazione fraterna. Questa risulta essere il risultato dell'intreccio tra numerose variabili: le caratteristiche individuali dei bambini, l'età (la differenza di età soprattutto), il genere (maschio/femmina), l'ampiezza della famiglia, lo stile educativo genitoriale, la relazione tra i genitori, lo status socio-economico della famiglia e ovviamente la modalità di gestione dell'interazione tra fratelli da parte dei genitori.

Secondo i due autori vi è un legame circolare tra benessere familiare, vita di coppia e relazione fraterna: si influenzano a vicenda.


Un importante filone di ricerca genetico-comportamentale si è concentrato sui cosiddetti "fattori non condivisi" che influenzerebbero la qualità del rapporto tra fratelli: sono tutti quei fattori che rendono conto del fatto che i fratelli, pur condividendo parte del patrimonio genetico e dell'ambiente di vita, sono diversi tra loro, con personalità diverse e quindi con un rapporto diverso con i genitori. Già, nonostante spesso lo sforzo dei genitori sia quello di un "trattamento paritario" tra i fratelli, bisogna sempre partire dal presupposto che essi non sono uguali: hanno caratteristiche di personalità diverse e quindi esigenze, bisogni e desideri, modalità di relazionarsi diversi... dunque non potranno mai avere lo stesso tipo di relazione con gli altri, compresi i genitori.


Judy Dunn (1993), seguendo un approccio interazionista, ha dimostrato attraverso una serie di studi osservativi che la relazione fraterna è caratterizzata da un lato da ostilità e conflitti; dall'altra da reciprocità, condivisione, complementarietà e dall'affetto che lega i fratelli al di là della tendenza allo scontro o meno. Ciò che differenzia la relazione di amicizia da quella fraterna sarebbe proprio l'intensità e profondità affettiva di quest'ultima: il coinvolgimento affettivo-emotivo tra fratelli è indipendente dal livello di concordanza dei reciproci punti di vista. In buona sostanza, per quanto i fratelli differiscano riguardo l'idea della loro relazione e nel modo di attribuire giudizi, e sebbene percepiscano la loro relazione come conflittuale, in ogni caso non viene meno lo scambio affettivo. Questa dimensione affettiva servirebbe per ripristinare eventuali rotture di equilibrio in famiglia; non a caso spesso cui ritroviamo a pensare "Non lo sopporto, mi ha ferito ma è pur sempre mio fratello!".


I vantaggi di avere un fratello o una sorella.

Gli studi e gli approcci all'analisi della relazione fraterna sono molteplici e prendono in esame variabili e punti di vista diversi: variabili individuali o fattori condivisi e non condivisi, meccanismi inconsci e di interazione reciproca, stili educativi e variabili socio-culturali... Sebbene non vi sia una risposta univoca tutti i diversi approcci di studio (psicodinamico, interazionista, sistemico, psicosociale...) sembrano concordare su un punto: possedere uno o più fratelli costituisce una fonte di complicazione, ma è soprattutto una grande opportunità di sviluppo sociale. Nelle diverse fasi di sviluppo, nonostante essa cambi e si evolva, contribuisce comunque allo sviluppo della competenza sociale.


Durante l'infanzia consente di sperimentare stati emotivi ed affettivi nuovi, fortemente ambivalenti: il piccolo vive un profondo conflitto confrontando l'amore verso i genitori e l'odio per il nuovo nato, il timore di perdere i suoi privilegi e l'affetto familiare; il tutto mescolato alla tenerezza e curiosità per il nuovo arrivato. L'unico modo per risolvere il conflitto è la rielaborazione dei significati affettivi e delle relazioni che porteranno il primogenito da un lato a costruire nuovi legami (col fratello) e dall'altro ad escogitare forme diverse e socialmente accettate di manifestazione delle emozioni.

Col tempo, attraverso i primi conflitti e le successivi negoziazioni (grazie alla guida dei genitori), l'esplicitazione anche verbale delle emozioni; i fratellini imparano a confrontarsi, a comprendere il punto di vista dell'altro e a regolare i propri stati affettivi in funzione del contesto e delle condizioni del fratello. Sono tutte competenze emotive fondamentali per l'adattamento sociale al di fuori del contesto familiare.

La relazione fraterna consente una prima forma di conoscenza e confronto reciproci, su diversi piani, che, seppur caratterizzata da competizione e conflittualità, costituisce il punto di partenza per il processo di costruzione della propria identità: attraverso la rilevazione di differenze e somiglianze, la comunicazione e il confronto impariamo a conoscere noi stessi e a regolarci nei nostri rapporti con il mondo.


Durante l'adolescenza, il sottosistema fraterno consente di avere, all'interno della famiglia, un ambito protetto e dei vantaggi: osservando, in particolare, come i genitori affrontano il distacco e le esigenze di crescita del fratello maggiore, i più piccoli possono costruirsi delle aspettative più adeguate su ciò che li attende e calibrare le richieste future alle già note risposte familiari (già essere fratelli maggiori è un duro lavoro!). E' da considerare poi l'importanza del "cameratismo" che si sviluppa tra fratelli in questa fase di vita: nonostante il rapporto di allenti e possa aumentare la conflittualità, in realtà aumenta anche la collaborazione e il "guardarsi le spalle"!


Nell'età adulta, si assiste ad un distanziamento "fisiologico" ma le rappresentazioni del legame fraterno, costruite nel tempo, restano sempre attive, ad un livello inconscio: il modo di rapportarsi al partner, ai propri figli, ai colleghi e amici presenterà sempre un qualche aspetto legato alla relazione fraterna. Non ce ne rendiamo conto ma è così, nel bene e nel male.

Il legame fraterno continua, per tutto il ciclo di vita, ad esercitare la sua influenza sull'esperienza sociale ed affettiva dei fratelli!


"Ci vogliono due uomini per fare un fratello" (Israel Zangwill)


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