Principali tipologie di relazioni interpersonali: le relazioni amorose

Le relazioni amorose hanno inizio quando si è attratti dall’altro e da ciò che osserviamo in lui/lei fin dal primo momento che corrisponde all’aspetto fisico ed al portamento. Ci sono ulteriori caratteristiche che ci attraggono ma dipendono dal luogo in cui si vive, dall’educazione e dalla religione. Tendiamo ad interessarci di persone che hanno il nostro stesso livello di istruzione o appartenenti alla stessa religione, siamo maggiormente attratti da chi ci somiglia o da persone con le quali condividiamo del tempo, per esempio la stessa cerchia di amici, l’ambiente lavorativo o universitario.
Fin dalla nascita, giorno per giorno, la nostra attività percettiva viene costantemente modellata attraverso i contesti in cui siamo inseriti, i contenuti delle interazioni e le modalità relazionali usate all’interno del contesto familiare, imprimendo una direzione alla nostra attenzione selettiva.
Un altro elemento che intercorre nel processo di scelta del partner è l’ideale di mito. Il mito è un’immagine idealizzata, appunto, che serve da modello per l’interpretazione della realtà ed ha la funzione di imporre i ruoli da ricoprire, i valori da perseguire, le modalità di comportamento in ambito relazionale e le scelte da fare, tra cui quella del partner.
La scelta del partner è quindi il risultato tra la somma del mito e la ricerca di soddisfacimento dei bisogni personali. Il prevalere dell’uno o dell’altro dipende dall’importanza che questi elementi hanno per ognuno di noi e dalla relazione che si ha con la famiglia di origine.
Il mito quindi serve a caratterizzare la qualità del legame con le persone importanti poiché crea delle aspettative su come evolverà la relazione e stabilisce i possibili comportamenti da mettere in atto in accordo con queste aspettative.
L’attenzione selettiva per l’ambiente esterno indotta dalla storia familiare indirizzata a cogliere degli elementi specifici, nell’aspetto o nel comportamento dell’altro, corre di pari passo con una disattenzione, che potremmo definire altrettanto selettiva, per tutti quegli aspetti dell’altro che potrebbero rendere la relazione problematica o contrastare con i dettami familiari.
Più il mito è complesso ed articolato e più saranno le possibilità di sviluppo e scelta per i membri della famiglia. Quando, invece, una componente tende a prevalere sulle altre, le possibilità di scelta saranno ridotte se non univoche; ciò dipenderà dal grado di differenziazione raggiunto dall’individuo e dalla sua capacità di elaborazione dello stesso mito, quindi con il suo grado di autonomia ed individuazione.
La costruzione di un nuovo legame inizia dove abbiamo interrotto la relazione precedente ed è per questo che nel nuovo rapporto ricerchiamo qualcosa che ce la ricordi ed, allo stesso tempo, qualcosa che la differenzi. La ricerca di somiglianze e differenze non è casuale ma dipende dalle caratteristiche dei legami passati e ne è vincolata.
Il rapporto deve possedere caratteristiche ripetitive, e quindi rassicuranti, e deve dimostrarsi adattabile alle nuove fantasie idealizzate e compensatorie; oppure, nel caso di una storia interrotta prematuramente, il nuovo rapporto deve far sperare di riprendere in parte le caratteristiche di quello precedente che non ha dato le risposte di sicurezza desiderate.
La presenza di questi elementi di somiglianza con il passato permetterà l’elaborazione delle aree di dipendenza relative ai rapporti originari: più la relazione è condizionata da questi elementi e più si sarà costretti a confrontarsi con il problema originario, col tentativo di risolverlo e trasformarlo.
La forzatura a ripetere le stesse situazioni rappresenta il tentativo inefficace e ripetuto di trovare una soluzione alle difficoltà relazionali incontrate: il partner, o possibile tale, viene testato, dalle aree più sicure fino a quelle più insicure e pericolose, per verificare la correttezza delle proprie aspettative negative ma soprattutto per tentare di trovare una via d’uscita; la disconferma delle aspettative negative da parte del partner permette di superare il test al quale è stato silenziosamente sottoposto e, nel migliore dei casi, permette un passaggio evolutivo con la riparazione del passato verso una forma di legame diversa dalle precedenti.
Questo è quanto affermano Joseph Weiss e Harold Sampson.
Se un legame significativo sopravvive avendo alla base bisogni, in parte o del tutto, insoddisfatti, tenderà a ripetersi in maniera identica nei confronti delle figure della nuova relazione, diventando un elemento che unisce fortemente i due partner; questo conferisce rigidità al rapporto in quanto l’altro acquisisce valore ed importanza in funzione del ruolo che assume rispetto ai bisogni ed alle aspettative da soddisfare dell’altro. La relazione che deve garantire la protezione e la sicurezza di base che è mancata nelle relazioni originarie, farà sviluppare tra i partner un forte legame di dipendenza che sarà tanto più forte quanto la minaccia che venga messo in discussione sarà percepita.
A volte nelle dinamiche di coppia è possibile osservare una confusione generazionale in cui la relazione di coppia somiglia ad un rapporto genitore – figlio piuttosto che ad un rapporto tra partner. In questi casi un partner viene descritto dall’altro come immaturo e questa presunta immaturità viene compensata dall’assunzione del ruolo genitoriale da parte dell’altro partner.
Una relazione di questo tipo, strutturata su ruoli e funzioni rigide e complementari, può andare avanti per un lungo periodo senza che insorgano motivi di crisi; ma la nascita di un figlio potrebbe far venir fuori il problema poiché richiede una rivisitazione e ristrutturazione dei ruoli legata all’accudimento del bambino; situazione che va in conflitto con quella esistente tra i due partner.
In altri casi la relazione di accudimento è reciproca: ciascuno dei due partner cerca nell’altro ciò che pensa di non avere; così facendo nasce una relazione di assistenza ed aiuto reciproco. L’unione tra i due risulta molto salda ma sono entrambi incompleti ed il rapporto non farà di loro persone complete, intere, ed il rapporto risulta penalizzante sia per la crescita di coppia che per quella individuale. Può succedere che la ricerca di sicurezza rimanga inappagata e che venga proiettata sul figlio al momento della sua nascita, assegnandogli un ruolo genitoriale nei confronti della coppia.
Esiste la casistica in cui relazioni di questo tipo sono reciproche e simmetriche, coppie in cui entrambi i partner sono figli genitorializzati; in questi casi ciò che fa tenere in piedi la vita di coppia è un sistema di doverizzazioni, condiviso da entrambi, che fungono da timone come per un sistema di valori, hanno cioè sostituito i valori con i doveri, e cioè è una conseguenza del ruolo assunto nelle rispettive famiglie di origine. Questa tipologia di relazione può conoscere la crisi nel momento in cui ci si trova a confrontarsi con le problematiche evolutive dei figli poiché diviene difficile la sintonizzazione emotiva con loro a causa dell’eccessiva rigidità e dell’aver aderito a modelli di comportamento astratti, che non si sposano bene con la realtà vissuta. Questo è quanto risulta deducibile dagli studi di Roberto Berrini e Gianni Cambiaso.
Può succedere di arrivare ad un deterioramento del rapporto di coppia anche per il fatto di non aver saputo difendere il proprio spazio dalle invasioni delle rispettive famiglie di origine; ciò significa che esiste nell’individuo una eccessiva dipendenza dalla famiglia di origine ed un’incapacità a separarsene e tutto questo faciliterà l’intromissione nella coppia. Succede che i figli vengano usati per compensare l’affetto mancante nella relazione tra i partner ed i loro genitori; i partner, anziché avere un confronto maturo con i propri genitori, usano i figli per mantenere la dipendenza affettiva con la famiglia di origine.
La dipendenza affettiva del partner dalla famiglia di origine può portare alla legittimazione di comportamenti da parte dei genitori di prendersi cura della coppia perché si pensa sia incapace di contare sulle proprie forze.
In ogni caso, il fatto che i partner non riescano a svincolarsi dalla famiglia di origine non permette alla coppia un sano sviluppo e la costruzione di un’alleanza di coppia.
Nei casi fin qui descritti che risultano lontani da un rapporto di coppia sano che gode di benessere, si può notare come l’intensità del legame di coppia è dato proprio dai contenuti problematici che derivano dalle relazioni familiari passate e la separazione dal passato, ottenibile azionando comportamenti nuovi, può significare far perdere di significato il rapporto presente ma è solo accettando questa possibilità che la relazione può evolvere.

La Dipendenza Affettiva
Un’ulteriore tipologia di dipendenza affettiva è quella tra partner quando l’uno non riesce a fare a meno dell’altro; ci si ammala d’amore.
Colui che soffre di dipendenza affettiva riconosce gli effetti devastanti del partner ma non riesce ad astenersi dalla relazione.
Parliamo di dipendenza affettiva quando le relazioni affettive, di norma associate al bisogno sano e fondamentale di amare ed essere amati, ad emozioni positive ed al benessere psicofisico, per alcuni diventano fonte di malessere ed al contempo una situazione con conseguenze distruttive dalla quale non si riesce ad allontanarsi.
Gli individui che soffrono di disturbo dipendente di personalità sono dipendenti dagli altri, sono quindi incapaci di vivere in maniera autonoma ed avvertono sempre il bisogno di rassicurazioni e consigli. Quando sono soli si sentono indifesi e mancano di punti di riferimento e quando sono in coppia vivono costantemente con la paura di essere abbandonati dal partner e pur di fare in modo che ciò non avvenga sono disposti a tollerare situazioni spiacevoli o degradanti come farsi sfruttare economicamente o sessualmente, sopportare l’infedeltà e subire la violenza fisica, nei casi più estremi.
La dipendenza affettiva non è un sintomo esclusivo del disturbo dipendente di personalità; anche chi soffre di disturbo borderline di personalità ha difficoltà a stare da solo e mette in atto comportamenti dipendenti, idealizzando il partner e mettendosi a sua completa disposizione. Le persone con disturbo borderline hanno relazioni affettive caotiche, caratterizzate da passioni travolgenti e da discussioni violente, altrettanto intense, vivono con la paura di essere abbandonati dal partner ma, allo stesso tempo, temono di dipendere da lui e di perdere la propria autonomia. Mentre chi soffre di disturbo istrionico di personalità teme anch’esso la solitudine e sperimenta l’angoscia per un’eventuale separazione, ha costantemente bisogno di attenzioni, sostegno ed approvazione.
Nel caso della dipendenza affettiva, con il passare del tempo, tutto tenderà inevitabilmente a ruotare attorno al partner, l’individuo dipendente si chiude evitando volutamente gli altri poiché, così facendo, tenta di proteggersi dal temuto abbandono e dalle critiche; gli interessi e gli hobby vengono progressivamente abbandonati ed il partner diventa la parte centrale ed essenziale dell’esistenza; anche l’ambito lavorativo ne risente in quanto il rendimento diminuisce poiché la mente del dipendente è costantemente impegnata dai propri problemi sentimentali impiegando molto tempo a rimuginare nel tentativo di trovare una soluzione.
Nei casi estremi, quindi anche quando il partner imprime violenza fisica, le persone dipendenti tendono a giustificare il proprio compagno, si isolano, non chiedono aiuto e mentono, allo scopo di proteggerlo e non perderlo. Spesso non riescono a distaccarsi e lasciarlo neanche quando si sentono fisicamente in pericolo. Chi soffre di dipendenza affettiva è consapevole che la relazione ha effetti devastanti ma, nonostante questo, non riesce a mettergli fine; il dipendente si sente inadeguato, non degno di essere amato e vive con la paura costante di essere abbandonato dal partner. Le persone affettivamente dipendenti sono sempre disponibili ed accudenti, pronte a sacrificarsi e vivono l’illusione di rendere la relazione stabile e duratura. Chi soffre di questo disturbo, in realtà, cerca disperatamente di farsi amare ma da persone anaffettive che sono, per definizione, incapaci di amare.
Il rifiuto è ciò che crea e, successivamente, alimenta la dipendenza affettiva: più il partner è freddo, distante e sfuggente e più la persona dipendente tende a sacrificarsi fino ad annullarsi, si colpevolizza, si mette in discussione, al contrario del partner, rincorrendolo senza poter smettere di farlo. Può succedere a volte che, a causa di un torto subito dal partner, la persona dipendente, mossa momentaneamente dalla rabbia, riesca a chiudere la relazione ed a dire basta ma i sintomi che proverà inevitabilmente subito dopo (quali depressione, ansia, sensazione di vuoto, incapacità nel provare piacere) la spingeranno a perdonare il partner ed a giustificarlo, ritornando nella relazione tossica e dando il via ad un circolo vizioso.
Per uscire dalla dipendenza affettiva bisogna innanzitutto intervenire sulla sofferenza attuale espressa in sintomi e disfunzioni comportamentali, affrontare le esperienze di abbandono vissute precocemente, di trascuratezza fisica ed emotiva, maltrattamenti ed abusi poiché sono alla base della convinzione di non avere valore e di non essere degni di essere amati. Inoltre si deve intervenire nel mondo interiore, accedendo al loro sentire, desideri ed obiettivi, utilizzandoli per compiere delle scelte autonome e per portare avanti un piano d’azione anche in caso di avversità o in assenza di un supporto relazionale. Così facendo si arriverà a formare relazioni affettive dotate di reciprocità in cui sentirsi accettati ed amati e mantenere la convinzione di valere.
BIBLIOGRAFIA
Alberoni, F., L'arte di amare, Sonzogno, 2013.
Crescenzo, A., C'è sempre un modo in amore, Independently published, 2021.
Marino, E., Psicologia dell'amore e della coppia, Independently published, Amazon Italia, 2021.