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RESISTERE O REAGIRE ALLA VITA: L'ARTE DELLA RESILIENZA


La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.

(Mahatma Gandhi)


Da quando la nostra vita intrauterina ha inizio, il nostro istinto vitale ci guida verso la resistenza: impariamo a reagire, a difenderci, e a lottare. E' la legge della Selezione naturale, che consiste nella capacità di potersi riprodurre nonostante le insidie provenienti dall'ambiente. L' essere umano impara ad utilizzare delle strategie per sfruttare al meglio le risorse reperibili nell'ambiente e a difendersi da eventuali pericoli. "Resiste chi è il più forte" e fu proprio Darwin a scoprirlo grazie alla sua " Teoria sull'Evoluzione". . Ma cos'è la resistenza? Il termine Resilienza deriva dal latino RE-SALIRE, tradotto letteralmente significa "rimbalzare indietro", e in effetti è ciò che accade ai metalli. In fisica ed ingegneria infatti la Resilienza è la proprietà dei metalli di non deformarsi alle pressioni che provengono dall'esterno. Il termine è stato mutuato in ambito psicologico per indicare la capacità di non farsi abbattere davanti agli eventi della nostra esistenza. La resilienza, dal punto di vista evolutivo rappresenta un processo di adattamento alla vita. In linguaggio tecnico, è un meccanismo di coping, cioè una strategia che mettiamo in atto quando ci sentiamo in difficoltà, La capacità di essere più o meno resilienti dipende da tutta una serie di elementi, soprattutto il bilancio tra i fattori protettivi e quelli di rischio.

I fattori protettivi consistono nella percezione di sentirsi bene nella propria pelle, di sviluppare una mentalità positiva, di essere ironici, di possedere legami forti su cui poter contare, e deboli per allenare la nostra interazione sociale, ma anche essere flessibili, accettare di poter sbagliare e cambiare idea, e naturalmente una sicurezza economica; rappresenta un punto a favore per la nostra capacità di reagire.

I fattori di rischio riguardano al contrario caratteristiche temperamentali come introversione , timidezza, difficoltà ad instaurare legami, rigidità , eccesivo perfezionismo. fragilità, sensi di colpa, bassa autostima, scarso senso di autoefficacia.

Lungo la nostra esistenza siamo tutti messi alla prova in questa palestra esperienziale che è la vita, che ci riserva momenti intensi di gioia, di tristezza, di frustrazione, di rabbia, di impotenza, di sorpresa, di imprevedibilità e purtroppo anche di dolore.


"CRISI: VULNERABILITA' O RESILIENZA?"

Terkelsen (1980), osservando le dinamiche familiari distingue i cambiamenti all'interno del ciclo vitale in:

- Eventi Normativi, situazioni previste e in una certa misura anche attese nel nostro immaginario di vita (matrimonio, nascita di un figlio, adolescenza, sindrome del nido vuoto, pensionamento , vecchiaia e morte)

-Eventi Paranormativi, situazioni straordinarie, che ci colgono impreparati, stravolgendo la nostra stabilità emotiva e cognitiva (licenziamenti, gravidanze indesiderate, disastri naturali, eventi bellici, pandemie).

In misura più o meno crescente ogni evento in bene o in male fa emergere in noi uno squilibrio emozionale, cognitivo, in parole più semplici "Andiamo in crisi". Quante volte ci è capitato di sentire questa espressione, e quante volte l'abbiamo pensato e confidato ad un amico.

Ma cos' è veramente la crisi?

Facendo un passo indietro e cercando di risalire alla sua etimologia, la parola CRISI deriva del greco KRISEIN che tradotto è "trasformazione. Pertanto un evento che crea in noi uno stato di crisi dovrebbe essere considerato come un 'occasione per modificare qualcosa. La capacità di reagire dipende dall'intensità dell'evento che si può manifestare in maniera più o meno perturbante, e dalla nostra capacità di usare i nostri fattori protettivi.


RESILIENZA IN TEMPO DI COVID

Dall'inizio della pandemia, il termine resilienza è entrato dentro le nostre case, come un suppellettile e ormai fa parte di ognuno di noi, in maniera sempre più consapevole. Abbiamo imparato a sopravvivere, a restare chiusi dentro casa, a inviare compiti dal telefonino, a districarci tra il lavoro e le lezioni on line dei figli, ad organizzare le scorte, a diventare medici di noi stessi; Abbiamo fatto da insegnanti ai nostri figli, da personal trainer per cercare di ricreare una specie di routine; I caffè con le amiche o la pizza del sabato sera una volta dal vivo, sono diventati eventi "a distanza", abbiamo imparato ad incontraci on line, le piattaforme social sono diventate i nostri luoghi d'incontro, in qualche modo le nostre ancore di salvezza.


I SOCIAL: RETE DI SALVATAGGIO O INVISCHIAMENTO

Grazie alla nostra capacità di reazione, abbiamo saputo adattarci a questo nuovo modo di vivere, e ancora oggi ci troviamo a convivere con questo virus che ha letteralmente stravolto e modificato la nostra esistenza. La socialità è quella che purtroppo ne ha pagato e continua ancora a pagarne le conseguenze. Ma l'uso dei social da una parte ci ha permesso di ancorarci e di trovare una strategia di adattamento, e di sopravvivenza, come nel caso di R. un adolescente di 17 anni che dovendo restare in isolamento nella sua stanza, per aver contratto il covid, al fine di evitare il contagio in famiglia, ha saputo scongiurare l'ansia per un virus sconosciuto e trasformarla in un' opportunità per esprimere se stesso attraverso la musica. In dieci giorni di isolamento quei 15 mq sono diventati uno studio di produzione e registrazione: dotato di chitarra, microfono. pc, fantasia e motivazione a reagire, ha creato i suoi testi, frutto delle sue riflessioni profonde, inquietudini adolescenziali e timido coraggio, li ha avvolti di armonia e sfumature ritmate dando loro la vita. In questo caso, un evento critico è stato esorcizzato e trasformato in arte creativa. Purtroppo non tutti reagiscono così, l'uso del web può rivelarsi una rete di salvataggio come nella storia appena raccontata, o può diventare una trappola, come in Giappone, dove l'uso disfunzionale del web è testimone e colpevole di un disagio giovanile, incentivato ancora di più dai vari lockdown e dalla paura del confronto. Parliamo di "HIKIKOMORI" una sindrome culturale emersa da qualche anno tra gli adolescenti nipponici, che sta diffondendosi sempre più anche tra i nostri giovani. Il mood è sempre lo stesso: si rifugiano all'interno delle loro stanze, rifiutano il contatto con le loro famiglie e con i loro amici; Non frequentano la scuola e vivono in una dimensione parallela, quella del web; La loro vita si articola esclusivamente all'interno dello schermo, modificano la loro immagine, genere, nome e caratteristiche. Lo schermo protegge e come uno scudo permette ai giovani in sicurezza di far emergere la loro fragilità e trasformarla in audacia, fierezza e coraggio.


RESILIENZA NELL'ELABORAZIONE DEL LUTTO

Tra gli eventi più devastanti del ciclo vitale abbiamo la morte. Sebbene sia un evento naturale, e razionalmente questo è ovvio. emotivamente viene percepita come ingiusta, illogica, prematura e violenta.

La morte porta con sé non solo la perdita della persona amata, la perdita oggettiva, ma anche quella soggettiva relativa al nostro ruolo, di coniuge, figlio, amico, nipote, etc, Perdiamo la nostra relazione con quella persona, la nostra progettualità con essa. Nelle culture orientali da sempre il culto della morte è stato valorizzato e lo è tuttora; pensiamo agli antichi egizi dove il culto della mummificazione prevedeva tutta una serie di passaggi che durava in tutto 70 giorni. La procedura veniva eseguita 4 volte ogni 17 giorni: i primi 35 erano necessari a svuotare e far seccare il corpo, i restanti erano necessari a completare la mummificazione, che consisteva nell'avvolgimento della mummia su teli di lino rosso precedentemente cosparsi di unguenti aromatici. Una volta completata, la mummia veniva riposta all'interno del sarcofago e la conclusione prevedeva la celebrazione attraverso riti religiosi che avevano il fine di portare il defunto nell'aldilà. A prescindere dalle caratteristiche puramente culturali della mummificazione, gli antichi egizi avevano compreso come il tempo fosse l'antidoto a chi restava nell'aldiqua, abbandonato da chi partiva per il viaggio eterno nell'aldilà, Il TEMPO è l'elemento essenziale per metabolizzare un evento devastante come il lutto. Nella società odierna non ci concediamo più il dono del tempo, corriamo continuamente da una parte all'altra e questo non ci permette di riconnetterci ai ritmi naturali della vita e ci impedisce anche di vivere il dolore.

Anche la morte è un evento che porta ad una crisi. Lindemann, famoso psichiatra di Harvard, ci introduce allo sviluppo e risoluzione della crisi : In seguito ad un incendio avvenuto in un night club di Boston in cui erano rimaste coinvolte circa un centinaio di persone, egli ebbe modo di entrare in contatto con i superstiti e i parenti delle vittime. L' evidenza della loro reazione lo colpì in quanto era comune un senso di ansia e depressione. L'evento non era stato metabolizzato.

Le persone non avevano avuto la possibilità di esperire il loro dolore. Un lutto, così come qualsiasi altro evento traumatico è una situazione che destabilizza, scuote il sistema emotivo, biologico, cognitivo portando con sé vissuti di sofferenza, dolore, perdita e violenza, in quanto avviene un'identificazione proprio con il sentimento di perdita. La maniera più efficace per superare tutto questo è attraverso la metabolizzazione del lutto che secondo Lindemann avviene in tre momenti:

  1. Accettazione della perdita : Spesso in questa fase si può manifestare incredulità, negazione, rabbia e senso di impotenza.

  2. Rievocazione delle memorie del defunto: eventi sia positivi che negativi facendo attenzione a non idealizzarli.

  3. Reinvestimento in nuove relazioni o attività.

Il reinvestimento è frutto di un passaggio graduale, attraverso cui avviene la metabolizzazione del dolore, la catarsi che attraverso il pianto e la sicurezza di legami forti ci ricorda di vivere ogni istante come se fosse l'ultimo, di apprezzare ciò che abbiamo, di ricordare che un momento di tranquillità, l'amore del tuo partner, il sorriso dei tuoi figli, il tuo cane che ti corre incontro al mattino solo per darti il buon giorno, un albero che sboccia, non è la normalità, ma è un privilegio e come tale va custodito come un dono prezioso.

"Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse il primo, come se fosse l'ultimo" . F. Nietzsche



LA STORIA DI R. in La resilienza al tempo del covid è reale, non inventata. se vi fa piacere ascoltare le sue canzoni potete trovarle al link sotto:


https://open.spotify.com/artist/1xZGB84xjU2X2v8dQguAVn?si=kMCIOHNpS5OAYe_RwY2YBg





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